Letizia nomen omen-Michela Belli



Buon pomeriggio lettori, oggi la rubrica Incontri fugaci non ospita una citazione, ma un brevissimo racconto che ho riportato per esteso anche sulla pagina Facebook del blog, l'autrice di queste righe è Michela Belli, il suo libro "Eva e l'assoluto" è una delle copie in palio del Giveaway!!! 


Letizia nomen omen

Letizia era, a dire di tutti, un vero caso di nomen omen. Come quelle bimbe che gli chiedi "Come ti chiami?" e loro, con serafica compostezza, rispondono: "Serena" e tu pensi, di nome e di fatto, tranne poi nascondere, una tendenza all'irrequietezza e agli eccessi. Ecco, Letizia era quel caso specifico di nomen omen.


Quella mattina di metà settembre, l'estate sembrava dare l'ultimo colpo di coda.
Le temperature, erano sopra la media stagionale, come avevano detto alla radio. Il cielo, di un perfetto blu terso, sembrava a tratti finto, dipinto sul cartonato delle scenografie arrangiate nelle recite scolastiche. Cobalto, questo era il tono di blu, pensò Letizia, mentre sulla sua bicicletta con il cestino in vimini, la gonna dal sapore vagamente gitano, ma pur sempre chic ad accarezzare le gambe magre, si dirigeva al forno del mercato coperto per una bella focaccia della mattina.
Aveva sempre preferito una prima colazione salata, al classico cappuccino e cornetto. Non era una donna da zucchero doppio nel caffè, al contrario, lo preferiva amaro. Sua nonna, che l'aveva cresciuta, le aveva insegnato a guardare alla sostanza delle cose e a fare a meno, di tutti gli ornamenti ecco quindi come, il caffè era amaro e il cornetto era pressocché inutile, quando potevi avere, della focaccia che assurgeva al ruolo di: prima colazione, spuntino della mezza mattina e, a volte, quando Letizia decideva di non rientrare a casa, di spacco pranzo e poi, ma questo era un suo pensiero personale che non avrebbe mai condiviso con la nonna, era privo di grassi saturi.

Il campanello della bicicletta di Letizia trillò forte, mentre passava a tutta velocità per la via Giacomelli che, di poco la distanziava, dalla scuola in via Gorizia.
-"Pistaaaaaa"solo questo fu ciò che riuscì ad udire Filippo, quando, appena in tempo per non essere scaraventato per aria, rimbalzò sullo scalino dal quale era appena sceso. Guardò filare dritto quel fulmine in bicicletta, solo un'aroma di pane appena sfornato aveva lasciato.
Letizia giunse in via Gorizia, scese dalla bicicletta e si appoggiò al muretto accanto a lei.
I cancelli della scuola si spalancarono, molti erano i bambini che, in quella calda mattina, facevano ritorno ai loro banchetti, altri, invece, varcavano la soglia per la prima volta, alcuni di loro, i più impavidi urlando: "Mamma, guarda che faccio? Vado da solo!".  Letizia cacciò la focaccia dalla busta del forno e affondò i denti.
Si preparava alla spettacolo.


Ho subito chiesto all'autrice: "Ma Letizia, chi o cosa, sperava di vedere all'entrata della scuola? " 
Io motivazioni me ne sono data un paio, secondo voi? Come proseguirà il racconto?







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